Il Gran Giocoliere pensò che fosse tempo di ridare un po’ di lustro ai giochi. Attraversò il sipario ed entrò nella grande sala buia un’altra volta. Prese con fatica l’enorme scatolone, gli tolse il coperchio, e riversò tutti i piccoli giochi e cianfrusaglie sul bancone scuro. Poi li dispose con cura, uno per uno, in modo che nessuno fosse fuori posto nel momento in cui le fiammelle avessero svolazzato per la stanza. Quindi accese il camino. Le ombre delle fiamme rendevano molli e fluttuanti le pareti della stanza, e gli oggettini cominciarono a tremare. Poi egli si scansò di lato, e quando il fuoco del camino fu pronto prese ad attizzarlo col suo scettro da giullare. Ad ogni colpo piccolissime scintille si liberavano dal fuoco e cominciavano a girare intorno. Le fiammelle vorticarono sugli oggetti e questi tremarono più forte. Poi, d’improvviso, ogni fiammella si tuffò, una per una su un oggetto. Allora il Gran Giocoliere smise di attizzare il fuoco ed osservò più da vicino ciò che stava accadendo. Gli oggetti ed i giochini infiammeggiati cominciarono a saltare in gran disordine sul tavolo. Egli raccolse ad uno ad uno quelli che non si muovevano per nulla e li gettò nel fuoco. Dietro il gran sipario, lungo le direttrici che si snodano sul mondo, i bambini cominciarono a giocare. In mezzo alle tempeste, nelle deportazioni, lungo i cammini silenziosi e amari, continuarono a giocare. Nei mercati tumultuosi d’odio, davanti agli assassini di speranza, ai compratori di vite, ai trafficanti d’anime, mostrarono il loro volto sorridente o sfacciato, ma innocente. In mezzo al caos delle maree umane, nell’esibizione incessante delle perversioni, nell’avvicendarsi perpetuo e inesorabile delle quotidianità, si riscattarono giocando. Solo quelli gettati nel fuoco, solo quelli, finirono ingoiati dagli eventi, diventando adulti. R.E. |