CINEM/AZIONE
Esercizi alla interdisciplinarietà
L’interdisciplinarietà come metodo di lavoro si diffonde soprattutto negli anni ’70 e ’80 dello scorso secolo, probabilmente sulla spinta di una necessità riparativa dei legami umani e del funzionamento dei piccoli gruppi di lavoro conseguente alla distruttività di massa che si era diffusa nel mondo lungo tutto l’arco di quegli anni, soprattutto con le due guerre mondiali del mezzo secolo precedente. Nel tempo, però, ha prevalso una tendenza a re-agire, più che a pensare, che ha reso l’interdisciplinarietà più un ideale che una pratica, diventando agli occhi di chi si prefiggeva di attuarla una meta utopica irrealizzabile a fronte dell’apparente incomunicabilità tra diversi punti di vista o modi di interpretare la realtà.
L’interdisciplinarietà, come pratica, può dare un notevole contributo allo sviluppo di quella che chiamiamo Pensabilità, attivando il Senso Comune. Nell’accezione che gli attribuì W. R. Bion, il Senso Comune è quella qualità del pensiero che deriva dalla capacità di accordare i diversi sensi (tattile, uditivo, visivo, ecc.) allo scopo di esplorare meglio la realtà, sia interna che esterna, un po’ come si accordano tra di loro i diversi strumenti musicali di un’orchestra, che non devono essere uguali o produrre gli stessi suoni, bensì contribuire allo sviluppo complessivo dell’armonia, ognuno con il proprio particolare modo di emettere suoni, e con la propria partitura. Non si tratta di accordare i diversi punti di vista, come i diversi pensieri, non solo all’interno di un gruppo ma anche all’interno di uno stesso individuo, ma accettarne la presenza e la complementarietà. Può diventare un obiettivo, ma sapendo di non poterlo raggiungere mai definitivamente. In questo senso è un ideale, il raggiungimento del quale però è necessario perseguire incessantemente attraverso la pratica della interdisciplinarietà, che si basa sul sentimento comune del valore della pensabilità. La pratica dell'interdisciplinarietà deve fare i conti con il terrore di perdersi nell’infinito crogiolo dei diversi modi di pensare, vedere e interpretare la realtà, oppure, all’opposto, con il bisogno difensivo di schermarsi dietro l’idea confusiva ma rassicurante che accordarsi significhi dire o pensare le stesse cose, annullando così la ricchezza specifica ma perturbante delle differenze. È proprio la consapevolezza di queste difficoltà che può attenuare le inevitabili frustrazioni derivanti dalla pratica sincera dell’interdisciplinarietà, dato che le capacità della mente non sono date e acquisite per sempre ma, come tutte le altre funzioni umane, vanno curate ed esercitate con metodo, passione e continuità, pena il loro rapido deperimento.
È per questo che, in quanto Associazione che si prefigge di realizzare la Pensabilità, abbiamo ritenuto che potesse risultare utile istituire, attraverso la capacità passionale e mitopoietica dei film, un campo di allenamento di gruppo alla interdisciplinarietà che eserciti chi vorrà all’attivazione e al mantenimento di questa difficile pratica. “Cinem/azione” riprende, infatti, “Pubblic/azione” che, oltre che essere il nostro nome, è anche un concetto che definisce la capacità e il coraggio di assumersi la responsabilità di esprimere i propri pensieri, di “pubblicarli”, prima di tutto a se stessi. Il cinema, da questo punto di vista, è uno strumento artistico che più di altri detiene la capacità di intercettare, se non addirittura di contribuire alla creazione, dei miti contemporanei, la cui produzione “sottotraccia” è continua in ogni società, nonostante il “luogo comune” che per il nostro futuro sia prevedibile soltanto una crescita esponenziale della noia o della violenza, estremismi di una impossibilità a pensare il futuro. Non si tratta, quindi, di dibattere sui film, o di interpretarli ma, secondo la nostra visione per cui è l’Arte che attiva e alimenta la mente - se siamo disposti a metterci in relazione con il turbamento che ne deriva - proveremo a vedere se e in che modo i film visti saranno capaci di accendere visioni e pensieri selvaggi, nuovi e diversi nel gruppo ed in ogni partecipante.
Riccardo Romano
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